I segreti per una Drink List creativa e di successo
Tre contributi da altrettanti bar di successo come Drink Kong, BOB Milano e REM Roma: quali sono le regole per creare una drink list d’impatto e fuori dagli schemi? A cosa fare attenzione, e valorizzare al massimo la creatività?
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Il menu di un cocktail bar è paragonabile a un biglietto da visita: racchiude le idee dei bartender, le esprime con parole e colori, e permette di raccontare una, o molto spesso numerose storie agli ospiti. Non ci sono delle regole vere e proprie per creare un menu d’impatto, perché come per i bar veri e propri, ciascuno sarà unico e personale. Esistono però delle linee guida per proporre una lista cocktail che sia al tempo stesso identitaria ed efficace: che rappresenti l’essenza di un bar, e permetta a chi lo visita di scegliere il proprio cocktail preferito con il massimo del trasporto.
Creatività e Tradizione
Perimetro e Forma è il nome del menu attuale di Drink Kong, cocktail bar di Roma che dell’innovazione e dell’avanguardia è quasi un simbolo. La lista è ispirata ai disegni di Takenobu Igarashi, architetto e designer giapponese, ed è l’evoluzione dei menu precedenti. “Ci siamo sempre definiti un instinct bar” racconta il fondatore Patrick Pistolesi, “e il menu è il nostro mezzo di comunicazione, gli ospiti si lasciano ispirare e poi guidare dal proprio istinto. Ogni drink viene rappresentato da un elemento di design realizzato apposta da Alessandro Gianvenuti, e presenta un’interpretazione degli aromi e dei gusti, e poche informazioni sugli ingredienti”.
Un menu può quindi essere un invito all’ospite per lasciarsi trasportare. Secondo Pistolesi, per crearne uno non si può prescindere da due elementi significativi: “Innanzitutto la parte creativa. Dobbiamo esprimerci al cento per cento e far arrivare il messaggio di Drink Kong, raccontare la nostra personalità e la nostra idea di miscelazione. Dall’altro lato, serve anche una parte pragmatica: il menu deve essere compreso, perché è comunque uno strumento commerciale”. La creatività è l’unico motore dell’innovazione? “Innovare significa prima di tutto non avere paura. È aprire gli occhi per notare cambiamenti e novità che avvengono nella comunità di cui si fa parte. Poi l’innovazione arriva perché si spinge al massimo un’ispirazione. Innovazione molto spesso è riscoprire il passato, con Nite Kong stiamo lavorando benissimo con i classici, rivisitati in un servizio particolare e con bicchieri appositi. In un mondo così veloce in cui tutto è una novità per trenta secondi, a volte basta un vestito nuovo da dare a concetti senza tempo, come i cocktail classici”.
Sentirsi a casa, davvero
Si parla spesso di come un bar debba permettere agli ospiti di sentirsi a casa. Ma non è solo questione di ambiente o atmosfera. Il menù di BoB, nel quartiere Isola di Milano, quest’anno racconta di aromi e cultura asiatica. Ogni cocktail ha come sapore principale una nota originaria dell’Asia e la grafica di ciascuna ricetta è una rappresentazione di vita quotidiana tipica di quei luoghi. Come racconta il bar manager Cesar Araujo, “il menu nasce sempre da un proposito molto importante per noi: offrire al cliente dei piccoli racconti e delle sensazioni che possano ricordare un momento della loro vita. Dopo le chiusure lanciammo la lista “Einfühlung”(Empatia) nella quale volevamo riprendere alcuni sapori che avevano conosciuto e amato da BoB. La lista “House of Cocktail” prendeva come spunto un gioco creato dai Designer “Charles e Ray Eames” per creare dei drink legati ai ricordi d’infanzia”.
Punti di contatto con il passato e con la vita di tutti i giorni, con cui l’ospite può tornare indietro nel tempo o staccare la spina. Controllare il tempo, in qualche modo, e questo vale anche per le ricette vere e proprie: “Si può essere innovativi ritornando al classico ma utilizzando tecniche contemporanee, studiando e preparandosi. In questo mondo dove tutto è sempre più veloce, rallentare il tempo per ricordare e imparare dal passato è preziosissimo”. Tutto questo, è fondamentale, senza perdere di vista la professionalità e l’attenzione al dettaglio: “Uno sviluppo innovativo non può peccare di pigrizia. La carta, il font, i colori che accompagnano ogni rappresentazione e anche la disposizione di ogni drink all’interno del menu, sono dettagli che non possono essere lasciati al caso. Anche se essere perfetti, forse, non sarà mai possibile”.
Il potere della coerenza
Il REM di Roma, per esempio, si ispira alla notte e vuole regalare al consumatore l’esperienza di un sogno a occhi aperti. Il menu parla questa lingua. Come racconta Benedetto Guarino, co-fondatore del REM nel 2021 con Riccardo Bucci, Lorenzo Falasca, Giulia Castellucci e Simone Lanuti, “Ogni sera si alternano quattro fasi, come quelle del sonno, e ciascuna prevede ingredienti e atmosfera coerenti. Si comincia con la fase awake (22-24, la fase del relax, quindi ingredienti come camomilla, carota, mirtilli), poi quella del light sleep (00.30-01.30, si attivano le memorie, quindi ingredienti rappresentativi dei viaggi del team, come aneto e cetriolo per il Malaka), quindi il deep sleep (01.30-03.00, fase del paradosso e della perdita dello spazio-tempo, quindi ingredienti che siano spiazzanti, come l’aglio nel Boogie Man), e infine la fase REM (03.00-05.00, la fase più intensa del sonno, l’inconscio, con drink che stimolano il cervello grazie a colori vividi e molto scenici)” .
Il menu attuale di REM si chiama Hypnogram, come lo strumento che analizza le onde cerebrali durante il sonno: secondo Guarino, “La drink list deve esprimere il messaggio che il bar vuole mandare. Dopo vengono la ricerca degli ingredienti e l’ottenimento di un equilibrio tra ricetta, tecnica e risultato”. È un’estensione del pensiero della squadra di REM, che come motto utilizza refrain the bar thinking, non pensare come un bar: “Il drink è una conferma dell’idea che l’ospite si è già fatto, quando entra in un bar. Per cui dobbiamo pensare come ospiti, e non come troppo spesso si fa, come bartender: cosa vogliono i consumatori quando vengono a trovarci? Esperienza, prima di tutto, la drink list è un messaggio, che può essere valoriale o esperienziale. È ciò che fa innamorare del progetto”.
Dal Drink Kong, Pistolesi chiude infine con una riflessione: “Non sempre è necessario stupire. Andare al bar è un rituale, cambiare troppo spesso fa paradossalmente perdere di interesse. L’ospite, più di quanti si pensi, vorrà soltanto stare bene con quello che già conosce”.