I segreti per una Drink List creativa e di successo
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Tre contributi da altrettanti bar di successo come Drink Kong, BOB Milano e REM Roma: quali sono le regole per creare una drink list d’impatto e fuori dagli schemi? A cosa fare attenzione, e valorizzare al massimo la creatività?
Tempo di lettura: 7 minuti
Il menu di un cocktail bar è paragonabile a un biglietto da visita: racchiude le idee dei bartender, le esprime con parole e colori, e permette di raccontare una, o molto spesso numerose storie agli ospiti. Non ci sono delle regole vere e proprie per creare un menu d’impatto, perché come per i bar veri e propri, ciascuno sarà unico e personale. Esistono però delle linee guida per proporre una lista cocktail che sia al tempo stesso identitaria ed efficace: che rappresenti l’essenza di un bar, e permetta a chi lo visita di scegliere il proprio cocktail preferito con il massimo del trasporto.
Creatività e Tradizione
Perimetro e Forma è il nome del menu attuale di Drink Kong, cocktail bar di Roma che dell’innovazione e dell’avanguardia è quasi un simbolo. La lista è ispirata ai disegni di Takenobu Igarashi, architetto e designer giapponese, ed è l’evoluzione dei menu precedenti. “Ci siamo sempre definiti un instinct bar” racconta il fondatore Patrick Pistolesi, “e il menu è il nostro mezzo di comunicazione, gli ospiti si lasciano ispirare e poi guidare dal proprio istinto. Ogni drink viene rappresentato da un elemento di design realizzato apposta da Alessandro Gianvenuti, e presenta un’interpretazione degli aromi e dei gusti, e poche informazioni sugli ingredienti”.
Un menu può quindi essere un invito all’ospite per lasciarsi trasportare. Secondo Pistolesi, per crearne uno non si può prescindere da due elementi significativi: “Innanzitutto la parte creativa. Dobbiamo esprimerci al cento per cento e far arrivare il messaggio di Drink Kong, raccontare la nostra personalità e la nostra idea di miscelazione. Dall’altro lato, serve anche una parte pragmatica: il menu deve essere compreso, perché è comunque uno strumento commerciale”. La creatività è l’unico motore dell’innovazione? “Innovare significa prima di tutto non avere paura. È aprire gli occhi per notare cambiamenti e novità che avvengono nella comunità di cui si fa parte. Poi l’innovazione arriva perché si spinge al massimo un’ispirazione. Innovazione molto spesso è riscoprire il passato, con Nite Kong stiamo lavorando benissimo con i classici, rivisitati in un servizio particolare e con bicchieri appositi. In un mondo così veloce in cui tutto è una novità per trenta secondi, a volte basta un vestito nuovo da dare a concetti senza tempo, come i cocktail classici”.
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Sentirsi a casa, davvero
Si parla spesso di come un bar debba permettere agli ospiti di sentirsi a casa. Ma non è solo questione di ambiente o atmosfera. Il menù di BoB, nel quartiere Isola di Milano, quest’anno racconta di aromi e cultura asiatica. Ogni cocktail ha come sapore principale una nota originaria dell’Asia e la grafica di ciascuna ricetta è una rappresentazione di vita quotidiana tipica di quei luoghi. Come racconta il bar manager Cesar Araujo, “il menu nasce sempre da un proposito molto importante per noi: offrire al cliente dei piccoli racconti e delle sensazioni che possano ricordare un momento della loro vita. Dopo le chiusure lanciammo la lista “Einfühlung”(Empatia) nella quale volevamo riprendere alcuni sapori che avevano conosciuto e amato da BoB. La lista “House of Cocktail” prendeva come spunto un gioco creato dai Designer “Charles e Ray Eames” per creare dei drink legati ai ricordi d’infanzia”.
Punti di contatto con il passato e con la vita di tutti i giorni, con cui l’ospite può tornare indietro nel tempo o staccare la spina. Controllare il tempo, in qualche modo, e questo vale anche per le ricette vere e proprie: “Si può essere innovativi ritornando al classico ma utilizzando tecniche contemporanee, studiando e preparandosi. In questo mondo dove tutto è sempre più veloce, rallentare il tempo per ricordare e imparare dal passato è preziosissimo”. Tutto questo, è fondamentale, senza perdere di vista la professionalità e l’attenzione al dettaglio: “Uno sviluppo innovativo non può peccare di pigrizia. La carta, il font, i colori che accompagnano ogni rappresentazione e anche la disposizione di ogni drink all’interno del menu, sono dettagli che non possono essere lasciati al caso. Anche se essere perfetti, forse, non sarà mai possibile”.
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Il potere della coerenza
Il REM di Roma, per esempio, si ispira alla notte e vuole regalare al consumatore l’esperienza di un sogno a occhi aperti. Il menu parla questa lingua. Come racconta Benedetto Guarino, co-fondatore del REM nel 2021 con Riccardo Bucci, Lorenzo Falasca, Giulia Castellucci e Simone Lanuti, “Ogni sera si alternano quattro fasi, come quelle del sonno, e ciascuna prevede ingredienti e atmosfera coerenti. Si comincia con la fase awake (22-24, la fase del relax, quindi ingredienti come camomilla, carota, mirtilli), poi quella del light sleep (00.30-01.30, si attivano le memorie, quindi ingredienti rappresentativi dei viaggi del team, come aneto e cetriolo per il Malaka), quindi il deep sleep (01.30-03.00, fase del paradosso e della perdita dello spazio-tempo, quindi ingredienti che siano spiazzanti, come l’aglio nel Boogie Man), e infine la fase REM (03.00-05.00, la fase più intensa del sonno, l’inconscio, con drink che stimolano il cervello grazie a colori vividi e molto scenici)” .
Il menu attuale di REM si chiama Hypnogram, come lo strumento che analizza le onde cerebrali durante il sonno: secondo Guarino, “La drink list deve esprimere il messaggio che il bar vuole mandare. Dopo vengono la ricerca degli ingredienti e l’ottenimento di un equilibrio tra ricetta, tecnica e risultato”. È un’estensione del pensiero della squadra di REM, che come motto utilizza refrain the bar thinking, non pensare come un bar: “Il drink è una conferma dell’idea che l’ospite si è già fatto, quando entra in un bar. Per cui dobbiamo pensare come ospiti, e non come troppo spesso si fa, come bartender: cosa vogliono i consumatori quando vengono a trovarci? Esperienza, prima di tutto, la drink list è un messaggio, che può essere valoriale o esperienziale. È ciò che fa innamorare del progetto”.
Dal Drink Kong, Pistolesi chiude infine con una riflessione: “Non sempre è necessario stupire. Andare al bar è un rituale, cambiare troppo spesso fa paradossalmente perdere di interesse. L’ospite, più di quanti si pensi, vorrà soltanto stare bene con quello che già conosce”.