Cosa significano davvero diversità e inclusività?

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Monica Berg è la bartender più influente del mondo, e la Direttrice Creativa della nuova piattaforma globale di Campari Academy. In questo articolo, racconta il suo punto di vista su due temi fondamentali di questo momento storico.

La versione in lingua originale dell’articolo: https://www.campariacademy.com/inspiration/focus-on-inclusivity-diversity/

I termini diversità e inclusività sono così spesso utilizzati insieme, che è facile cadere nell’errore di pensare abbiano un significato simile (o addirittura siano la stessa cosa), quando in realtà sono due argomenti chiaramente definiti e non intercambiabili. Ma qual è la differenza?

DIVERSITÀ – Diversità rappresenta il cosa. In larghissima parte, la diversità è considerata superficialmente: si tratta delle caratteristiche e delle distinzioni che ci identificano, come identità di genere, età, nazionalità, etnia, orientamento sessuale. Andando più in profondità si arriva a toccare il trascorso socioeconomico, la religione, la formazione, solo per citarne alcune. In questo momento storico, la maggior parte delle aziende sono d’accordo su come avere un team variegato sia un valore aggiunto, a prescindere dalle motivazioni; e non è raro constatare che un posto di lavoro che riscontri diversità, sia considerato anche più piacevole da frequentare, registri una più marcata fedeltà dei dipendenti, e spessissimo, un ritorno economico più importante.

INCLUSIVITÀ – Ma, e si tratta di un ma piuttosto ingombrante, è possibile avere un posto o un ambiente di lavoro variegato, con una squadra composta dalle più disparate esperienze e talenti, senza però riuscire a trarne beneficio. Molto spesso, perché manca l’inclusività. Cosa vuol dire? L’inclusività è il come di questa equazione. Si tratta di creare e coltivare un ambiente nel quale le persone, indipendentemente dalle loro origini e differenze, si sentano sia accolte che valorizzate. Significa quindi sviluppare e assecondare le caratteristiche del gruppo variegato di cui sopra, incoraggiando ciascun membro equamente e con le stesse opportunità. Qui la vera difficoltà risiede nel riconoscere eventuali pratiche da cambiare, che in precedenza favorivano (spesso inconsciamente) una sola tipologia di soggetto. Perché, purtroppo, è perfettamente possibile implementare diversità, ma non inclusività.

COSA FARE – Per coltivare l’inclusività, servono impegno, comprensione, dedizione, premura. E più importante di ogni altra cosa, è l’empatia: l’abilità di comprendere il punto di vista altrui, senza che interferisca con il proprio. Credo sia questo il nodo della questione per molti di noi, non perché non vogliamo essere inclusivi e aperti, piuttosto perché le nostre insicurezze spesso ci impediscono di chiedere aiuto, quando incontriamo argomenti o problemi che non comprendiamo a fondo. Specialmente su tematiche sensibili, che paradossalmente, sono quelle che più richiedono di essere discusse apertamente, se si vogliono cambiare le cose positivamente. Comprendere la differenza tra diveristà e inclusività significa comprendere l’importanza di entrambe, e capire come allo stesso modo richiedano il nostro tempo e il nostro impegno. Le differenze sono dettagli che dovremmo celebrare, non temere, e creare spazi che le incoraggino non è solo importante. È il futuro.

TRASPARENZA – Sul piano individuale, significa essere più consapevoli dei nostri pregiudizi, e tenerli sotto controllo. Rendersi conto che esistono varie strade da poter percorrere, per raggiungere un obiettivo, è una lezione importante da apprendere, e può essere anche piuttosto dura. Il progresso si manifesta spesso attraverso tentativi e fallimenti, ma le dinamiche odierne rendono entrambi molto difficili. Su una più larga scala, significa avere il coraggio di porre a noi stessi domande difficili riguardo il nostro settore, e smettere di inventare scuse, quando abbiamo le risposte.

Monica Berg